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CALENDARIO LITURGICO 18 OTTOBRE-14 NOVEMBRE 2009

Confraternita del Santissimo Sacramento e della Immacolata Concezione di M.V.
PARROCCHIA DI SAN RUFINIANO VESCOVO SOMMAIA
CALENDARIO LITURGICO
MEMORIE SANTA CHIESA CATTOLICA
18 OTTOBRE-14 NOVEMBRE 2009


18 OTTOBRE SAN LUCA EVANGELISTA

Nato da famiglia pagana e convertitosi alla fede, fu compagno dell’apostolo Paolo, venerato come Santo dalla Chiesa cattolica ed Ortossa, scrisse il vangelo secondo la predicazione di lui. E' autore degli Atti degli Apostoli. Per i cattolici è il santo patrono degli artisti e dei medici. Anche la Chiesa Copta lo venera come santo. Luca era nato ad Antiochia ed esercitava la professione di medico. Ad Antiochia, Luca aveva conosciuto Paolo. Luca diventa discepolo degli Apostoli e Paolo lo cita in alcune sue lettere, chiamandolo "compagno di lavoro" e "caro medico". Mentre in un duro carcere attende il supplizio, Paolo scrive a Timoteo che tutti ormai lo hanno abbandonato, eccetto uno: "solo Luca è con me". E questa è l’ultima notizia certa. Luca possiede una buona cultura; lo si vede dal suo greco fluente ed elegante, dalla sua ottima conoscenza della Bibbia scritta in greco. Il suo Vangelo fu scritto probabilmente tra il 70-80 d.C. Luca sente parlare per la prima volta di Gesù nel 37d.C., quindi non ha mai conosciuto Gesù se non tramite i racconti degli apostoli e di altri testimoni: tra questi ultimi dovette esserci Maria di Nazareth poiché le informazioni sull'infanzia di Gesù che egli ci riporta sono troppo specifiche e quasi riservate per poterle considerare acquisite da terze persone. Inoltre è l'unico evangelista non ebreo. Il suo emblema era il bue. Morì all'età di 84 anni e sarebbe stato sepolto a Tebe capitale della Beozia. Secondo quando riportato da San Gerolamo le sue ossa furono trasportate a Costantinopoli, e di là trasferite a Padova dove tuttora si trovano nella Basilica di Santa Giustina; solo la testa è invece conservata a Praga.

1 NOVEMBRE OGNISSANTI
Solennità di tutti i Santi uniti con Cristo nella gloria: oggi, in un’unico giubilo di festa la Chiesa ancora pellegrina sulla terra venera la memoria di coloro della cui compagnia esulta il cielo, per essere incitata dal loro esempio, allietata dalla loro protezione e coronata dalla loro vittoria davanti alla maestà divina nei secoli eterni. Questa festa venne dalla Chiesa Orientale, e fu accolta a Roma quando il Papa Bonifacio IV trasformò il Pantheon, dedicato a tutti gli dei dell'antico Olimpo, in una Chiesa in onore della Vergine e di tutti i Santi. Ciò avveniva il 13 maggio del 609. Alcuino, il maestro di Carlomagno, fu uno dei propagatori della festa. Egli era un inglese di York, e i Celti consideravano il 1* novembre giorno di solennità, perché segnava l'inizio della stagione invernale. Si pensa perciò che lo spostamento della festa, dal 13 maggio al 1* novembre, sia stato determinato da influenze anglosassoni e francesi anche a seguito di richieste in tal senso provenienti dal mondo monastico irlandese. Ciò avvenne nel 1475, sotto il pontificato di Sisto IV.
2 NOVEMBRE COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum,
Commemorazione di tutti i fedeli defunti, nella quale la santa Madre Chiesa, già sollecita nel celebrare con le dovute lodi tutti i suoi figli che si allietano in cielo, si dà cura di intercedere presso Dio per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro di cui, dall’inizio del mondo, solo Dio ha conosciuto la fede, perché purificati da ogni macchia di peccato, entrati nella comunione della vita celeste, godano della visione della beatitudine eterna. La commemorazione dei defunti, dovuta all'iniziativa dell'abate di Cluny, S. Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nella Chiesa, poiché, ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedicato alla memoria di tutti i defunti. Ma il fatto che un migliaio di monasteri benedettini dipendessero da Cluny ha favorito l'ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell'Europa settentrionale. Poi anche a Roma, nel 1311, venne sancita ufficialmente la memoria dei defunti.
Il privilegio delle tre Messe al 2 novembre, accordato alla sola Spagna nel 1748, fu esteso alla Chiesa universale da Benedetto XV nel 1915. Si è voluta così sottolineare una grande verità, che ha il suo fondamento nella Rivelazione: l'esistenza della Chiesa della purificazione, posta in uno stato intermedio tra la Chiesa trionfante e quella militante. Stato intermedio ma temporaneo, "dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno", secondo l'efficace immagine dantesco. Questo giorno popolarmente chiamato "Festa dei morti" diventa, credendo in Gesù, la Festa dei vivi. Infatti le Sante Scritture riferendosi ai credenti già trapassati non parlano di morti ma di “quelli che dormono" (1Tes. 4:13/18) e anche Dio stesso si definisce non l'Iddio dei morti ma dei vivi (Mt. 22:32). Così ogni uomo, credendo, potrà rinnovare con fede verso i propri cari un saluto di certezza. Come sarà la città celeste? La Bibbia la descrive così: "Le mura erano costruite con diaspro e la città era di oro puro, simile a terso cristallo. I fondamenti delle mura (non sono di ghiaia e cemento ma) di diaspro, zaffiro, smeraldo. Le dodici porte di perle e ciascuna era fatta da una perla sola La città non ha bisogno di sole, né di luna che la illumini, perché la gloria di Dio la illumina (non vi sarà più neanche l'ombra, poiché Dio ci illuminerà da ogni parte). Nulla di impuro vi entrerà; ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello. Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate." (Apocalisse 21). Per questo ogni vero credente, senza nessun timore della morte, con l'apostolo Paolo può dire: "Abbiamo molto più caro di partire dal corpo e abitare col Signore, che è di gran lunga migliore." (2Cor. 5:8; Fl. 1:23).
3 NOVEMBRE SAN MARTINO DE PORRES

Contemporaneo e concittadino di santa Rosa, san Martino de Porres chiese a quindici anni di entrare come donato nel convento del Santo Rosario di Lima. La semplicità e sensibilità della razza nera si armonizzò mirabilmente con la capacità organizzativa e la profonda tradizione religiosa del popolo spagnolo (Martino era nato dal castigliano Juan de Porres e da Anna Velàsquez di colore). Frequenti fenomeni mistici - bilocazione, levitazione, estasi - testimoniarono a quale grado di unione con Dio l'umile fratello laico fosse giunto, mentre episodi d'incantevole semplicità imprimono un tono umanissimo alla sua vita. Impedito di partire missionario in Giappone dove sognava di versare il sangue per Cristo, mise a servizio dei sofferenti la sua pratica medica, si fece benefattore dei poveri che accorrevano a lui in gran numero, eresse un collegio per la gioventù abbandonata e si valse del suo ascendente per difendere dalle insidie le giovani prive di risorse economiche. Fu legato da fraterna amicizia a san Giovanni Macias, e santa Rosa da Lima che gli si rivolgeva sovente per averne aiuto, a san Francesco de Solano e a san Toribio de Mongrovejo. Immensa è la devozione che gl'indigeni sudamericani nutrono verso questo santo. Il Capitolo Generale del 1938 proclamò fra Martino patrono dei fratelli cooperatori domenicani. Fu solennemente canonizzato da Giovanni XXIII il 5 maggio 1962, nella basilica Vaticana, alla presenza di una fiumana di popolo e il solenne riconoscimento alla virtù del frate mulatto fu la risposta della Chiesa dinanzi ai rinnovati tentativi di discriminazione razziale.
4 NOVEMBRE SAN CARLO BORROMEO
Uno dei più grandi Vescovi nella storia della Chiesa: grande nella carità, grande nella dottrina, grande nell'apostolato, ma grande soprattutto nella pietà e nella devozione. " Le anime - dice la voce di San Carlo Borromeo - si conquistano con le ginocchia ". Si conquistano cioè con la preghiera, e preghiera umile. San Carlo Borromeo fu uno dei maggiori conquistatori di anime di tutti i tempi. Era nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, padroni e signori del Lago Maggiore e delle terre rivierasche. Era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Il giovane prese la cosa sul serio: studente a Pavia, dette subito prova delle sue doti intellettuali. Chiamato a Roma, venne creato Cardinale a soli 22 anni. Gli onori e le prebende piovvero abbondanti sul suo cappello cardinalizio, poiché il Papa Pio IV era suo zio. Amante dello studio, fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle " Notti Vaticane ". Inviato al Concilio di Trento vi fu, secondo la relazione di un ambasciatore, " più esecutore di ordini che consigliere ". Ma si rivelò anche un lavoratore formidabile, un vero forzato della penna e della carta. Nel 1562, morto il fratello maggiore, avrebbe potuto chiedere la secolarizzazione, per mettersi a capo della famiglia. Restò invece nello stato ecclesiastico, e fu consacrato Vescovo nel 1563, a 25 anni.
Entrò trionfalmente a Milano, destinata ad essere il campo della sua attività apostolica. La sua arcidiocesi era vasta come un regno, stendendosi su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Il giovane Vescovo la visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Profuse, inoltre, a piene mani, le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Nello stesso tempo, difese i diritti della Chiesa contro i signorotti e i potenti. Riportò l'ordine e la disciplina nei conventi, con un tal rigore da buscarsi un colpo d'archibugio, sparato da un frate indegno, mentre pregava nella sua cappella. La palla non lo colpì, e il foro sulla cappamagna cardinalizia fu la più bella decorazione dell'Arcivescovo di Milano. Durante la terribile peste del 1576 quella stessa cappa divenne coperta dei miti, assistiti personalmente dal Cardinale Arcivescovo. La sua attività apparve prodigiosa, come organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di istituti benefici. Milano, durante il suo episcopato, rifulse su tutte le altre città italiane. Da Roma, i Santi della riforma cattolica guardavano ammirati e consolati al Borromeo, modello di tutti i Vescovi. Ma per quanto robusta, la sua fibra era sottoposta a una fatica troppo grave. Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza mangiare, senza dormire, pregando e insegnando.
Fino all'ultimo, continuò a seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contrassegnate dal suo motto, formato da una sola parola: Humilitas. Il 3 novembre dei 1584, il titanico Vescovo di Milano crollò sotto il peso della sua insostenibile fatica. Aveva soltanto 46 anni, e lasciava ai Milanesi il ricordo di una santità seconda soltanto a quella di un altro grande Vescovo milanese, Sant'Ambrogio.

Data: 30/01/2010
Fonte: confraternita sommaia
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